Posto che la noia è la mia più grande sciagura, tu sia la benvenuta, lieta creatura, qui dove non esistono regole nè tristi realtà da dover sopportare. Il peso delle tue offese non sarà mai una scusa per sbatterti fuori, io vorrò sempre ascoltarti e annegare incantato nei tuoi occhi.

domenica 7 febbraio 2010

Alda Merini mix(cosicchè io non ti dia altra angoscia)


perdonerai la mia monotonia, la mia ripetitività, ma io amo questa donna.


spegnimi

Spegnimi come il lume della notte,
come il delirio della fantasia.
Spegnimi come donna e come mimo,
come pagliaccio che non ha nessuno.
Spegnimi perché ho rotta la sottana:
uno strappo che è largo come il cuore


Da "La carne degli angeli"

E così lui, che è la colonna assoluta del mio silenzio, lui che è il mio vero amore, lui che non toccherà mai il mio corpo perché è un eletto, verrà confortato solo dalla vostra fede, che farà vedere a quest’uomo gli eterni domini di Dio.


Lettere

E' bellissimo tornare a Milano, di notte. Si potrebbe lasciarla per sempre solo per andare in Paradiso. Ma forse desidererei, anche da lì, la mia casa



Quando passeggiavo con Wally Toscanini
Uno che ha visto la miseria dei Navigli, non può capirne la ricchezza. Io la miseria l’ho vista, l’ho vissuta: le lavandaie, le povere e affaticate lavandaie, la nebbia che tutto copriva, i primi bar che vendevano le sigarette sottobanco perché era reato. Ci sono nata, sui Navigli, un quartiere che era a misura d’uomo e che adesso ha perso tutto, a cominciare dall’amore. Ci sono nata, sui Navigli, e da qui partivo per i miei viaggi a piedi nella città. Andavo in Galleria, a Montenapoleone, in piazza del Duomo, andavo nei negozi, andavo sulla strada. Incontravo Wally Toscanini, le sorelle Fontana, un giorno incontrai anche Enrico Cuccia: «"Senta dottore, ho fame" gli dissi. "Buon segno", mi rispose lui». Era una Milano dove esser figli di un assicuratore, un assicuratore come mio padre Nemo, era un segnale di benessere. Il benessere... e la polenta. Vecchi miei Navigli. Oggi ci sono solo commercianti, troppi commercianti. E muratori: nessuno mi ha difesa da loro, che a colpi di piccone e con una gru che pareva uno strumento di tortura, si sono presi il mio solaio. Non c’è stato verso. C’è quest’isola pedonale, adesso. Le automobili non possono passare, e così, da me, a trovarmi, ormai vengono solo vecchi barboni. Ridatemi la mia «Seicento», ridatemi la mia povertà... Non mi piacciono, «questi» Navigli. Non mi piace questa città che all’anziano chiede di tutto, e sempre di più, senza nulla dar in cambio. C’è qualcosa che mi attrae, del quartiere? Nulla, non c’è nulla. Mi domandano: e perché rimani allora? Rimango perché qui ho vissuto con mio marito, qui ho creato le mie poesie. I canali, le acque, i battelli? Io chiuderei tutto, chiuderei i Navigli, ci farei una grande strada, un’Appia antica, larga, bella larga, infinita. Alda Merini


Il genio muore per se stesso
e chiede d’esser sepolto
entro memorie deboli.


Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.


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